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Messaggio  elisa 31/10/2008, 16:53

L'ANALISI

Articolo per articolo, così la legge 133 avvia la spoliazione dell'università

Piero Bevilacqua in ll manifesto, 29 ott 2008

Com'è stato da più parti osservato, la legge 133 sull'Università non è un provvedimento di riforma. E' un pesante intervento di sottrazione di risorse finanziarie, senza alcuna altra pretesa che di far cassa, come se l'Università fosse qualche vecchio ente del Parastato. Eppure, in quel provvedimento, apparentemente dimesso e puramente finanziario, è contenuto forse il principio più gravemente sovvertitore dell'ordinamento universitario che sia mai stato concepito sinora. La possibilità - formulata nell'art. 16 della legge - di trasformare le università pubbliche in fondazioni di diritto privato è infatti la corda che viene offerta ai vari atenei, senza più risorse, per impiccarsi definitivamente vendendosi al migliore offerente.
Occorre svolgere almeno due considerazioni in merito a questa straordinaria novità storica che non ha avuto neppure l'onore di un dibattito parlamentare e su cui poco sono intervenuti anche i commentatori abituali delle cose italiane. Come ha osservato un docente di diritto comparato, Alessandro Somma, nella legge ci sono elementi evidenti di incostituzionalità. Ad esempio l'articolo 16 si apre con un inciso tanto perentorio quanto falso: la trasformazione in fondazione attua l'art. 33 della Costituzione (art. 16 comma 1). Ma in quell'articolo la Costituzione afferma il contrario: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». E qui siamo di fronte, più che alla costituzione di un istituto di educazione privato, alla trasformazione di un ente pubblico in ente privato, con notevoli oneri per lo Stato. Infatti la legge 133 stabilisce che le università fondazione «subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell'Università» e che «al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie è trasferita, con decreto dell'Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate» (art. 16 comma 2). E aggiunge: «Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse» (art. 16 comma 3).
Perfetto! Il patrimonio storico dell'università, talora costituito da beni architettonici di pregio, mobilio antico, biblioteche uniche e preziose, eccetera può essere acquisito da privati e questi sono esentati dal pagare le tasse di trasmissione! Altro che oneri per lo Stato, questa è spoliazione! Se volevamo avere qualche altro segno dell'arroganza e della rozzezza del legislatore odierno siamo stati serviti.
Ma che cosa dobbiamo aspettarci dalle Fondazioni private che dovrebbero garantire la prosecuzione dell'insegnamento universitario? Se questa trasformazione si dovesse effettivamente verificare, quale imprenditore privato sarebbe disponibile, in Italia, a finanziare, poniamo, letteratura italiana, storia greca, lingua latina? Non parliamo di etruscologia o delle varie lingue e civiltà dell'Oriente antico in cui, peraltro, gli studiosi italiani vantano eccellenze universalmente riconosciute. Ma che cosa succederebbe, nel giro di qualche decennio, a tutti i nostri saperi umanistici ? E davvero l'Italia può liquidare l'intero suo patrimonio di civiltà per far cassa oggi, o per seguire gli ultimi cascami di una ideologia finita nella vergogna del tracollo finanziario e degli aiuti di Stato?
C'è un altro aspetto poco considerato in questa provinciale e pacchiana volontà modernizzatrice che crede di strizzare l'occhio alla grande America. Non ci divide da quel Paese - peraltro così incomparabilmente generoso con gli studi e la ricerca - soltanto una diversa storia del capitalismo industriale. Ma anche una diversa storia delle rispettive classi dirigenti. Da noi lo Stato ha fondato l'industria moderna, organizzato il credito, guidato e promosso la costruzione delle grandi infrastrutture (ferrovie, telefonia, autostrade), salvato l'industria quando la Grande Crisi l'ha travolto attraverso l'Iri, pensato al petrolio come risorsa strategica attraverso l'Eni. Si può avere una controprova storica del ruolo giocato dallo Stato considerando le perdite gravi subite dall'industria italiana in questi ultimi 25 anni di furore liberistico e di abbandono di una politica economica qualunque. E a imprenditori che hanno alle spalle una storia di cosi scarsa lungimiranza nell'intravedere i bisogni del sistema-Paese dovremmo affidare la gestione degli studi universitari?
Ricordo infine un aspetto poco noto dell'organizzazione degli studi italiani. E' ancora lo Stato a sostenere - in forma indiretta - perfino alcuni dei più prestigiosi atenei privati, come la Bocconi e la Luiss. Qui, infatti, vi insegnano docenti il cui stipendio intero è pagato dalle Università pubbliche, mentre gli atenei privati pagano una modesta integrazione. Dunque è ancora lo Stato che - in questo liberismo maccheronico - finanzia la concorrenza. Credo che sia venuto il momento, nel nostro Paese, di rammentare con più coraggio quanta ideologica arroganza si manifesti, anche per ignoranza, nell'elogio della scuola e dell'Università privata.
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Messaggio  elisa 31/10/2008, 17:06

LE POLITICHE DEL GOVERNO SU UNIVERSITÀ E RICERCA PRESENTANO IL CONTO AL PAESE

Osservatorio sulla Ricerca - 1 ottobre 2008- http://www.osservatorio-ricerca.it/nuovo/doc/Autunno2008/PoliticaGov1ott2008.htm



Le politiche Berlusconi-Tremonti-Brunetta-Gelmini su Università e Ricerca PRESENTANO IL CONTO AL PAESE e determinano una prospettiva di futuro per l'Italia fuori dagli accordi di Lisbona, ossia fuori dalla strategia europea che ha individuato NELLA CONOSCENZA IL FULCRO CENTRALE DEL NUOVO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE.

Riportiamo di seguito la lista dei drammatici interventi del Governo (era difficile prevedere in così pochi mesi la messa in atto di un progetto così disastroso, privo di qualunque indirizzo proveniente da una seria valutazione del sistema Università e Ricerca e senza nessuna trasparenza e confronto):

1) Il finanziamento dell'abolizione dell’ICI sulla prima casa per le famiglie con redditi alti (per quelle con bassi redditi era già stata abolita dalla finanziaria 2008 del Governo Prodi), si basa tra gli altri sul decreto legge n. 93/2008 che ridurrà ogni anno (fino al 2013) di 467 MILIONI DI EURO il fondo statale di finanziamento ordinario delle università (taglio del 6% totale del fondo che però grava essenzialmente sulla parte comprimibile (13%): manutenzioni, utenze, etc);

2) la legge n. 133/08 comporta una riduzione del turn-over al 20% per le università (su 5 che vanno in pensione 1 solo verrà assunto) nel periodo 2009-2013 con la seguente riduzione di finanziamento (-64 milioni-euro nel 2009, -190 milioni-euro nel 2010, -316 milioni-euro nel 2011, -417 milioni-euro nel 2012, -455 milioni-euro nel 2013). Per gli EPR si avrà una riduzione del 20% nel 2009 mentre dal 2010 al 2013 ogni unità di personale che esce potrà essere sostituita da una sola unità personale in entrata e non in base al valore economico "liberato" (un dirigente di ricerca libera un valore economico che corrisponde a più unità di personale al primo impiego).

Sommando i soli tagli all’università provenienti da ICI e turn-over si ha che nel quinquennio 2009-2013 ci sarà una riduzione di quasi 4 miliardi di euro (circa 8.000 miliardi delle vecchie lire!!).

3) Nella legge n. 133/08 viene inserita una norma che concede la possibilità alle università italiane di trasformarsi in fondazioni private. Sono del tutto evidenti i rischi per l’autonomia degli atenei e dei docenti oltre che per quei settori e ambiti di ricerca che non sono appetibili sul piano economico.

Di fatto il combinato disposto – taglio indiscriminato delle risorse e possibilità di trasformazione in fondazione privata – rischia di modificare il sistema universitario nazionale in un sistema di formazione estremamente debole e con accessi differenziati in base al censo. Inoltre, senza alcun riferimento alla valutazione si selezioneranno le sedi universitarie non sulla base del loro valore didattico e scientifico ma in ragione della diversità del contesto socio economico in cui operano

Citiamo una parte dell’articolo che lo storico Franco Cardini ha scritto per il Secolo d’Italia il 16 luglio 2008: “Il passaggio dall’Università alla Fondazione è in un certo senso epocale: sarà il passaggio da una concezione culturale e comunitaria a una patrimoniale e privatistica del sapere; da una mediocre e magari, perché no?, scalcinata Università di tutti, a una (forse) buona e (certo) più costosa università per i ricchi. Privatizzandosi, alcune università potranno salvarsi: ma in questo modo andrà una volta per tutte a farsi benedire il diritto allo studio: o meglio lo studio come diritto.”

4) la legge 133/2008 prevede, anche per gli enti di ricerca come per le altre amministrazioni dello Stato, una riduzione della pianta organica pari almeno al 10%: questo implica per quegli enti che hanno la pianta organica al completo un gravissimo problema di blocco, aggiuntivo a quello del turn-over.

5) infine, ma di gravità addirittura più rilevante in quanto AGGREDISCE LA PARTE PIU' DEBOLE E AL TEMPO STESSO PIU' PREGIATA PER L'INVESTIMENTO SUL FUTURO, c’è da considerare il combinato disposto tra l'articolo 49 della legge 133/2008 (che non permette l'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco del quinquennio ultimo) e il 37-bis inserito nel ddl 1441 in iter d’approvazione parlamentare (che blocca la procedura delle stabilizzazioni). Il risultato è un blocco di massimo 3 anni per le forme contrattuali a tempo determinato (in enti dove la frequenza dei concorsi è scarsissima) e il licenziamento in tronco (dopo 3 mesi dall'entrata in vigore del ddl 1441) di chi aveva già ricevuto garanzie (dallo Stato!) di un percorso per andare a stabilizzare la propria attività professionale.

INSOMMA IL QUADRO CHE EMERGE è CHIARISSIMO:

- TAGLI ECONOMICI INSOPPORTABILI per un settore già in grave sofferenza e del tutto sottovalutato rispetto a quanto sta succedendo nel resto del mondo negli ultimi 15 anni. Tagli oltretutto del tutto indiscriminati, alla faccia di tutte le discussioni su merito e promozione delle eccellenze.

- ABBANDONO DELLE RISORSE PIÙ PREGIATE di cui un paese oggi può godere: i giovani di talento nella ricerca scientifica. Non è un caso che in tutto il mondo i nostri giovani trovino rapidamente collocazione e si inseriscano a livelli qualificati.

- Infine l'immagine che lo Stato fornisce di sé stesso è drammaticamente incoerente. Uno Stato (non conta la parte politica che guida in quel momento il Governo) non può garantire un percorso di acquisizione certa di diritti e immediatamente dopo tradire quella garanzia: sono in gioco tanto la reputazione delle Istituzioni quanto le stesse basi di solidità civile dei cittadini.

L'Osservatorio sulla Ricerca su proposta di un gruppo di "stabilizzandi" si è reso disponibile a raccogliere, divulgare e promuovere un appello al Capo dello Stato perché si adoperi per sostenere una battaglia che ci pare di straordinaria importanza. La raccolta di firme riguarda ovviamente tutti coloro che sono sensibili al problema di un Paese che intende evolvere e non fermarsi e regredire.

Cordialmente,

Osservatorio sulla Ricerca
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Messaggio  elisa 31/10/2008, 17:09

Ai membri del Coordinamento Giovani Accademici,

l'approvazione delle leggi 126 (in relazione alla riduzione del Fondo di
Finanziamento Ordinario conseguente all'abolizione dell'ICI) e 133, avvenuta
in estate, portera' al rapido dissesto finanziario di universita' finora
considerate virtuose, a meno che parte delle risorse sottratte alle universita'
non vengano reinvestite nel sistema universitario stesso.

Riteniamo che sia urgente concordare con il governo una riforma che premi il
merito, l'efficienza e chiedere modifiche alle leggi 126 e 133 in modo da
convogliare alle universita' le risorse necessarie per riformarsi. Tali modifiche
sono possibili in sede di approvazione della Finanziaria.

A tal fine vi chiediamo di continuare a diffondere la nostra petizione
(http://cga.di.uniroma1.it) e di contribuire ad una fase propositiva in cui
elaborare proposte da presentare al governo. Abbiamo chiesto al ministro un
incontro. Vorremmo verificare che una serie di proposte elaborate da un gruppo
di lavoro del Coordinamento Giovani Accademici abbiano il vostro sostegno. Vi
chiediamo pertanto di leggere il documento "I NO ed i SI del Coordinamento Giovani
Accademici" (http://cga.di.uniroma1.it/pool1.php?id=840&code=QZ8TQNWXIF), approvandolo
se siete d'accordo (raccoglieremo adesioni fino alla fine della settimana).
E' possibile indicare dissenso su singoli punti anche se vi chiediamo (per poter
convergere su un documento unitario) di evitare di farlo a meno che abbiate forti
obiezioni. Segnalate ulteriori punti che pensate debbano essere portati all'attenzione
del ministro, o la vostra disponibilita' ad entrare nel gruppo di lavoro,
all'indirizzo e-mail coordinamento@di.uniroma1.it.

Sul sito del coordinamento sono presenti nuovi documenti sulle motivazioni
della protesta, ed una pagina che scardina alcune delle affermazioni piu' recenti
sull'universita'. Vi chiediamo di mandarci contributi ed informazioni sulle iniziative
in corso nelle vostre Universita'.

Il Coordinamento Giovani Accademici
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